Ai fini della determinazione dell’assegno di divorzio, il tribunale dovrà fare riferimento ai criteri indicati nell’art. 5 L.898/1970.
Tra questi criteri rientra anche la durata del matrimonio e il “contributo che ciascun coniuge ha data alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio di ciascuno o di quello comune”. (Art. 5 l.898/1970)
La Cassazione civile ha specificato che, ai fini sia dell’attribuzione sia della quantificazione dell’assegno di divorzio (Assegno di divorzio: perdita del lavoro dell’ex moglie.), nei casi in cui antecedentemente al matrimonio i coniugi abbiano convissuto in modo stabile e continuativo, di tale periodo di convivenza bisogna tenere conto al fine di valutare il ruolo che ciascun coniuge ha avuto sia nella conduzione familiare nella formazione del patrimonio comune e di ciascun coniuge.
Il tribunale adito può computare “ ai fini dell’assegno di divorzio (Il diritto dell’assegno di divorzio del coniuge dopo una nuova convivenza), il periodo della convivenza prematrimoniale solo ai fini della verifica dell’esistenza di scelte condivise dalla coppia durante la convivenza prematrimoniale, che abbiano conformato la vita all’interno del matrimonio e cui si possano ricollegare sacrifici o rinunce alla vita lavorativa/professionale del coniuge economicamente più debole, che sia risultato incapace di garantirsi un mantenimento adeguato, successivamente al divorzio.”(Cassazione civile sez. un., 18/12/2023, (ud. 26/09/2023, dep. 18/12/2023), n.35385)
La stessa Corte ha specificato che la convivenza pre-matrimoniale “rileverà, ai fini patrimoniali che interessano, ove poi consolidatasi nel matrimonio, se assuma “i connotati di stabilità e continuità”, essendo necessario che i conviventi abbiano elaborato ” un progetto ed un modello di vita in comune (analogo a quello che di regola caratterizza la famiglia fondata sul matrimonio)”, dal quale inevitabilmente discendono anche reciproche contribuzioni economiche”. (Cassazione civile sez. un., 18/12/2023, (ud. 26/09/2023, dep. 18/12/2023), n.35385)
È inoltre necessario che sussista “una relazione di continuità tra la fase “di fatto” di quella medesima unione e la fase “giuridica” del vincolo matrimoniale”.( (Cassazione civile sez. un., 18/12/2023, (ud. 26/09/2023, dep. 18/12/2023), n.35385)