Il codice di procedura penale prevede due diverse misure cautelaridi tipo personale previste per tutelare la vittima da condotte minacciose o violente, sia verbali che fisiche, commesse anche nell’ambito familiare.

L’art. 282 bisc.p.p. prevede che il giudice possa disporre l’allontanamento di un soggetto dalla casa familiare, ovvero il divieto per lo stesso di non potervi fare rientro o di non accedervi senza l’autorizzazione del giudice.

Con lo stesso provvedimento il giudice può prescrivere all’imputato di non avvicinarsi ai luoghi abitualmente frequentatidalla persona offesa, in particolare il luogo di lavoro, il domicilio della famiglia d’origine o dei prossimi congiunti, salvo che la frequentazione sia necessaria per motivi di lavoro.

Ad ulteriore tutela della vittima, il Tribunale può ingiungere il pagamento periodico di un assegno a favore delle persone conviventi, che per effetto della misura cautelare disposta, rimangano prive di mezzi di sostentamento adeguati. Può ordinare altresì, se necessario, che l’assegno sia versato direttamente al beneficiario da parte del datore di lavoro dell’obbligato, detraendolo dalla retribuzione a lui spettante.

La misura cautelare prevista dall’art. 282 terc.p.p. è stata introdotta nel nostro ordinamento per rafforzare la sicurezza pubblica e per contrastare i reati di violenza sessuale e atti persecutori (cd. stalking).

Tale dispositivo prevede che, il Tribunale possa fare divieto all’indiziato di avvicinarsi a luoghi determinati frequentati abitualmente dalla persona offesa, ovvero di mantenere una determinata distanza da tali luoghi o dalla vittima.

Le medesime prescrizioni possono essere disposte anche a tutela dei prossimi congiunti, dei conviventi o di persone legate alla vittima da relazione affettiva. 

Tali provvedimenti del Tribunale possono essere, inoltre, integrati con l’ulteriore prescrizione del divieto di comunicare, con qualsiasi mezzo, con le persone a tutela delle quali è stata disposta la misura cautelare.