E’ del giugno 2016 l’entrata in vigore della legge sulla “Regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e disciplina delle convivenze” (L. 76/2016).

Per la prima volta nel panorama legislativo viene dato riconoscimento ad un modello familiare diverso dalla famiglia fondata sul matrimonio.  

Le unioni civili si costituiscono avanti all’ufficiale di stato civile, alla presenza di due testimoni, mediante una dichiarazione formale resa dai due partner (persone maggiorenni dello stesso sesso) che manifestano la loro volontà di costituire un’unione civile.

Ad ogni modo, dalla regolamentazione delle unioni civili è possibile ricavare una sostanziale equivalenza con le regole dettate per il matrimonio.

Con l’unione civile tra persone delle stesso sesso, le parti, come con il matrimonio, acquisiscono gli stessi diritti ed assumono i medesimi doveri ed assumono, in entrambi i casi, l’obbligo reciproco di assistenza morale e materiale, oltre a quello alla coabitazione.

Le analogie proseguono anche per quanto riguarda il dovere di entrambe le parti di contribuire in relazione alle proprie sostanze e alla propria capacità lavorativa oltre a dover concordare tra loro, tanto i coniugi, quanto gli uniti civilmente, l’indirizzo della vita familiare e fissare la residenza comune.

Una prima grande differenza riguarda, invece, l’obbligo reciproco alla fedeltà, non richiamato dalla legge sulle unioni civili. La violazione di tale obbligo è al contrario molto rilevante nelle controversie scaturenti dalla crisi matrimoniale, tanto da divenire motivo di addebito nella separazione.

Nella disciplina delle unioni civili si è scelto, quindi, di eliminare quello che, anche in ambito matrimoniale è percepito ormai come un retaggio anacronistico, con ciò creando però una discriminazione tra il modello matrimoniale e quello delle unioni civili.