La crisi coniugale può certamente comportare un alto livello di conflittualità all’interno dell’abitazione coniugale, sia in presenza sia in assenza di eventuali figli.

Il forte clima di tensione presente può avere quale conseguenza che uno dei due coniugi voglia uscire, quanto prima, dalla casa coniugale.

Tale intenzione è certamente comprensibile sia per la tutela del figlio che inevitabilmente risente della tensione tra i genitori sia per la serenità del coniuge stesso.

Tuttavia, nonostante la scelta sia condivisibile, l’uscita improvvisa dalla casa non è, sempre, giuridicamente giustificabile. 

Infatti, il volontario abbandono del domicilio familiare da parte di uno dei coniugi può costituire la violazione del dovere di convivenza e potrebbe configurare quindi l’addebito della separazione personale.

Per evitare che l’uscita da casa comporti una violazione degli obblighi sorti con il vincolo matrimoniale e quindi che ciò possa dar luogo ad una domanda di separazione con addebito è opportuno concordare con l’altro coniuge l’uscita, oppure in mancanza di accordo, è necessario attendere quantomeno il deposito di un ricorso giudiziale di separazione.

In conclusione, il volontario abbandono del domicilio familiare da parte di uno dei coniugi, costituendo violazione del dovere di convivenza, è di per sè sufficiente a giustificare l’addebito della separazione, a meno che non risulti provato che esso è stato determinato dal comportamento dell’altro coniuge o sia intervenuto in un momento in cui la prosecuzione della convivenza era già divenuta intollerabile

Per completezza, è doveroso significare che nei casi di violenza domestica, l’uscita troverà sempre giustificazione.