In ambito di diritto di famiglia, la Suprema Corte di Cassazione nella recente ordinanza n. 19540 ha ribadito l’ormai consolidato orientamento secondo cui la revoca del consenso da parte di uno dei coniugi non comporta l’improcedibilità della domanda congiunta di divorzio.

Contrariamente a quanto accade in sede di separazione consensuale – dove la revoca del consenso comporta il venir meno dell’accordo tra le parti, requisito indispensabile ai fini dell’accoglimento della domanda – nel caso in cui una parte dovesse decidere di revocare il proprio consenso alla domanda congiunta di divorzio, non sarebbe comunque precluso al Giudice l’accertamento della sussistenza dei presupposti per la pronuncia di divorzio. 

Le ragioni sottostanti a tale orientamento sono da individuare nella natura propria del procedimento di divorzio, radicalmente diversa da quello di separazione. Secondo la Cassazione, il ricorso volto ad ottenere una pronuncia sullo scioglimento o sulla cessazione degli effetti civili del matrimonio non ha natura prettamente negoziale, ma ha natura in primis ricognitiva. 

In conclusione, la revoca del consenso prestato nell’accordo di separazione consensuale rende inammissibile la domanda, ma il ritiro della dichiarazione ricognitiva non è di impedimento al Tribunale per procedere alla verifica della sussistenza dei presupposti necessari per la pronuncia di divorzio e l’emissione della relativa sentenza.