Il principio della bigenitorialità è stato introdotto già dalla legge n. 54 del 2006, nell’ambito di una riforma del diritto di famiglia che aveva introdotto nel panorama giuridico anche il regime del c.d. Affido condiviso.

In base al principio della bigenitorialità i figli hanno diritto a mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con entrambi i genitori, anche in costanza di separazione. La bigenitorialità mira proprio a tutelare e a porre sullo stesso piano padre e madre.

In tale contesto si pone una recente ordinanza della Corte di Cassazione (Ord., 10 dicembre 2018 n. 31902), in cui la Suprema Corte ha chiarito come il principio di bigenitorialità non possa intendersi come pariteticità del tempo ovvero come una divisione matematica dei tempi di ciascun genitore con i figli. 

Ciò che infatti deve orientare la scelta di suddivisione dei tempi deve essere l’interesse superiore del minore con l’obiettivo di ricreare nella vita del figlio una “presenza comune dei genitori idonea a garantirgli una stabile consuetudine di vita e salde relazioni affettive con entrambi, i quali hanno il dovere di cooperare nella sua assistenza, educazione ed istruzione” (già Cass. civ., 23 settembre 2015, n. 18817). 

Alla luce di tutto questo, non si può intendere il principio di bigenitorialità come automatica pariteticità dei tempi ovvero in suddivisione dei tempi di frequentazione in termini matematici, soprattutto nei casi di elevata conflittualità ove il diritto di visita dei figli può anche essere limitato, se l’altro genitore offre un ambiente più idoneo alla crescita del minore, senza che ciò leda il principio di bigenitorialità.