Ma per quale motivo formalizzare la propria convivenza? Sicuramente, con la nuova disciplina introdotta dalla Legge Cirinà nel 2016, i diritti dei conviventi si sono avvicinati molto a quelli già previsti per le coppie unite in matrimonio.

Occorre precisare sin da subito che i conviventi di fatto non sono titolari dei diritti e doveri coniugali previsti dall’art. 143 c.c.; tuttavia, la legge ha esteso ai conviventi di fatto alcuni dei diritti che, fino al 2016, erano riservati solo ed esclusivamente ai coniugi.

Un esempio. 

In caso di malattia o di ricovero ospedaliero di uno dei due conviventi, l’altro ha diritto di fargli visita, di assisterlo e di accedere alle sue informazioni personali; anche in caso di morte o di malattia che comporti incapacità di intendere e di volere, ognuno dei due potrà prendere decisioni importanti in nome e per conto del partner.

Ma che sorte avrà la casa di comune convivenza in caso di morte di uno dei due conviventi?

Nel caso di decesso del partner proprietario della casa familiare, il convivente superstite ha diritto di continuare ad abitarvi per due anni o per un periodo pari alla convivenza se superiore a due anni (ma comunque non oltre i cinque); ciò è previsto anche nel caso in cui il de cuiusabbia degli eredi (per esempio dei figli avuti da altra relazione) che ereditano l’immobile. Questi, infatti, non potranno cacciare il convivente superstite. Inoltre, se il convivente superstite ha figli minori o disabili, avrà diritto ad abitare la casa per almeno tre anni.

In ogni caso, il diritto di abitazione viene meno nel caso in cui il convivente superstite cessi di abitare stabilmente nella casa di comune convivenza o in caso di nozze, unione civile o nuova convivenza di fatto.

Se, invece, la casa familiare è condotta in locazione a nome di uno dei due, e questi muore, il superstite potrà succedergli nel contratto; così come, in caso di assegnazione di alloggi di edilizia popolare, se l’appartenenza ad un nucleo familiare costituisce titolo o causa preferenziale nelle graduatorie, di tale titolo o causa di preferenza potranno godere i conviventi di fatto.

Infine, se la morte del convivente è stata cagionata dal fatto illecito di una terza persona, il superstite ha diritto al risarcimento del danno, al quale vengono applicati i criteri previsti per il risarcimento del danno al coniuge superstite.

 

Tuttavia, i diritti dei conviventi di fatto non sono ancora del tutto equiparabili a quelli che la legge riserva ai coniugi: i conviventi di fatto, infatti, non hanno diritti ereditari l’uno nei confronti dell’altro; in caso di morte di uno dei due, l’altro non ha diritto alla pensione di reversibilità; tra i conviventi di fatto non vi è obbligo di reciproca fedeltà. Ciò non significa, tuttavia, che un comportamento fedifrago all’interno di una convivenza di fatto non possa avere conseguenze giuridiche: anzi, proprio questo potrebbe porsi come un fatto illecito idoneo a cagionare un danno ingiusto e pertanto risarcibile ai sensi dell’art. 2043 c.c.